Brigantaggio

La notizia arriva al comando
e immediatamente il generale Cialdini
ordina che di Pontelandolfo
non rimanga pietra su pietra
arrivano all’alba i bersaglieri
e le case sono tutte incendiate
le dispense saccheggiate, le donne violentate,
le porte della chiesa strappate, bruciate
ma prima che un infame piemontese
rimetta piede qui, lo giuro su mia madre,
dovrà passare sul mio corpo.
dalla canzone Pontelandolfo degli Stormy Six

Poco si sa di quel fenomeno storico che passa sotto il nome di brigantaggio che ha impegnato l’esercito italiano-piemontese nei primi anni ’60 dell’800 dopo l’avvenuta unità d’Italia.
La parola stessa con cui nei libri di storia si indica quella diffusa rivolta contadina nel meridione italiano indica da quale parte si sia schierata la storiografia ufficiale.
Dopo i Mille e le imprese militari, e diplomatiche, del 1860 che hanno portato gran parte del territorio italiano sotto i Savoia, il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II viene proclamato re d’Italia “per grazia di Dio e volontà della Nazione”.
Il nuovo stato non ha ritenuto di cercare una soluzione politica dei problemi legati all’annessione dei nuovi territori ma ha incaricato l’esercito italiano, o piemontese?, di trovare la soluzione con la repressione nel sangue, spesso con tristi metodi da rappresaglia (Pontelandolfo), di una reazione popolare che avrebbe meritato altre iniziative.

Devo confessare che apprezzo molto quando si presentano occasioni in cui si parla di quegli aspetti della fase unitaria che solitamente si tendono a nascondere.

Di brigantaggio ne ha parlato recentemente il buon canale Rai Storia con una trasmissione dal titolo Brigantaggio una guerra italiana (qui si può rivedere).
La trasmissione tocca, senza approfondire più di tanto e con una qualche onestà, le varie posizioni della storiografia e ripropone un’interessantissima inchiesta che Giorgio Bocca condusse nel 1970 in cui sono intervistati alcuni anziani lucani, probabilmente diretti testimoni di racconti familiari, che prendono le parti dei contadini. Testimonianze veramente di grande interesse se si pensa che sono riferite a fatti di un secolo prima.

Personalmente non ritengo che le classi più deboli, i rivoltosi se vogliamo chiamarli così, vivessero meglio sotto il dominio borbonico ma di certo dopo l’unità hanno visto peggiorare le loro condizioni di vita. E magari erano anche favorevoli al processo unitario da cui si aspettavano miglioramenti prontamente delusi.

Per una questione di metodo personale quando leggo di storia ho un approccio per cui cerco sempre i punti deboli delle narrazioni. Ma affermare che “tutto ciò che racconta questa storiografia revisionista sono tutte frottole” come dice il professor Alessandro Barbero al minuto 36 del filmato a proposito di posizioni non ortodosse, è troppo anche per me.

 

5 Responses to Brigantaggio

  1. laulilla ha detto:

    http://www.donzelli.it/libro/2301/lunificazione-italiana
    Ti invio questa presentazione dell’importantissimo volume dello storico Salvatore Lupo (Università di Palermo) sul Risorgimento italiano che affronta i problemi da te sollevati. Qui:
    http://www.linkiesta.it/risorgimento-revisionismo-terroni-salvatore-lupo
    puoi trovare anche un’intervista sul problema del revisionismo anti-risorgimentale.
    Ho visto la trasmissione che indichi, la cui validità non mi pare inficiata dalla battuta finale di Alessandro Barbero, un po’ frettolosa, ma sostanzialmente vera, proprio alla luce delle ricerche storiche, che ci sono, ormai, proprio sull’argomento. Ciao, Giuseppe!

    • giuseppeb ha detto:

      Ciao Lilli ti ringrazio per le segnalazioni.
      Credo che molti dei difetti attuali di questo Paese siano da cercare proprio nei modi dell’unità.
      La trasmissione pur nella brevità anche per me era onesta e quella del professore era probabilmente solo una battuta.
      Notevoli le testimonianze degli anziani quasi a manifestare ancora dopo un secolo una certa diffidenza verso lo Stato.
      A presto
      Giuseppe

  2. laulilla ha detto:

    Il Risorgimento fu pieno di difetti e assunse certamente il carattere dinastico che tu indichi, ma questo fu il risultato del fallimento di qualsiasi altra ipotesi unitaria: da quella federalista giobertiana, sconfitta con la prima guerra d’indipendenza (1848 – 49), a quella repubblicana-mazziniana (la fine, purtroppo, della repubblica romana del 1849). Altre ipotesi vennero avanzate, ma come teorizzazioni. Bakunin si occupò certamente della praticabilità dell’ipotesi rivoluzionaria nel sud italiano e fu presente sul posto sperando nella rivoluzione, speranza che fu al centro dell’interesse anche dei mazziniani, ma che fu ovunque sconfitta, anche in Europa. Senza aver presente questo quadro, non si capisce perché rimase in piedi la sola percorribilità dell’unità piemontese-dinastico-sabauda. Tieni conto che il Piemonte fu l’unico stato, nell’ Europa della Santa Alleanza, a mantenere la Costituzione del 1848 (Statuto Albertino) e quindi, nonostante tutto, ad avere la parvenza di uno stato liberale. Non per nulla dal Sud emigrarono verso il Piemonte molti intellettuali liberali che ebbero in seguito un ruolo importantissimo nella storia dell’Italia post unitaria: Francesco de Sanctis, e il filosofo SIlvio Spaventa sono i primi nomi che mi vengono in mente. Il carattere filo borbonico e reazionario del brigantaggio mi sembra fuori discussione, anche se forse la guerra poteva essere evitata, e anche se forse il problema era affrontabile diversamente. In genere gli storici analizzano i fatti, non si curano se fossero più giuste altre ipotesi: amano ripetere che la storia non si fa con i se. Né va dimenticato che il quadro internazionale era assai poco favorevole a una svolta progressista nel nostro paese (i mille garibaldini erano stati sorvegliati strettamente delle navi della flotta britannica, pronte a intervenire. E’ andata così, purtroppo: per i Savoia non ho alcuna simpatia. Personalmente ho in mente parecchi film, oltre a quello di Martone che viene citato da Barbero, perché a partire dal ’68 furono numerosi i tentativi di rilettura di molte pagine ignorate di quel periodo della nostra storia. Ho in mente anche molte letture utili, come ad esempio la cronaca degli anni fra il 1861 e il 1865 di una donna americana, Caroline Marsh, giunta alla corte dei Savoia come moglie dell’ambasciatore degli Stati Uniti, che ci ha lasciato un diario straordinario che aiuta a farsi un’idea di quali potevano essere le condizioni di arretratezza del Paese (tutto) visto con gli occhi di una liberale vera, sostenitrice di Lincoln. Se sei interessato, ti segnalo volentieri altri film, e letture.

  3. adimer passing ha detto:

    Vittorio Emanuele II, fu “secondo” e non “primo”, cioè non il primo re di un nuovo stato, ma il “secondo”, di un regno che già c’era e che se ne mangiò un altro, compresi i beni personali del suo re, senza nemmeno dichiarargli guerra.
    Purtroppo Vittorio Emanuele fece un 3 per 2 da discount di carne da cannone disattendendo le aspettative di molti e dando agio ai “Genni ‘a carogna”.
    Chi poté se ne andò, come fecero in Veneto, del resto.
    Gli altri sono rimasti in balia dei burocrati e degli ultràs.
    Ciao.
    A.

  4. Italo Zamprotta ha detto:

    Prendere e portare via i beni personali della Famiglia di re Francesco II di Borbone-Napoli configura un reato,quello di furto,perpetrato prima dalle”Eroe” e poi dal “Re Galantuomo”,”padri della patria, di questa patria. Non c’è bisogno di ulteriori commenti su questa infelice operazione,avallata da Inghilterra,Francia e USA,con gli altri in timoroso silenzio. Già allora si delineavano i futuri equlibri mondiali voluti dalla massoneria mondiale.

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